Una divertente escursione da Chiang Mai
Il minibus passa a prenderci direttamente alla guest house (escursione da Chiang Mai), siamo circa una decina di turisti, due famiglie tedesche, un ragazzo che dorme e noi. Consigliamo di sincerarsi che la guida sia autorizzata dalla municipalità di Chiang Mai soprattutto per essere sicuri che non vi porteranno dove maltrattano gli animali.
La guida, un ragazzo sulla trentina, è molto educato, gentile e disponibile a rispondere a ogni curiosità: da cosa mangia a colazione al perchè il guidatore va sempre contromano a velocità folle.
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Dopo un’oretta di terrore e aria condizionata modello era glaciale (una costante in Thailandia) arriviamo alla prima tappa: il giro in elefante. Per noi occidentali è sicuramente un esperienza unica: risaie al limitare della giungla, elefanti che pascolano e si fanno il bagno tranquilli lungo un fiumiciattolo non sono cose che si vedono tutti i giorni. La cosa che inizialmente lascia un po’ interdetti è la sensazione di essere al luna park, tutti fanno la fila per montare sui pachidermi “spinti” dagli operatori Thai, con la differenza che ogni tanto sbuca una proboscide che prova a rubarti il cibo (il che è fantastico). Tocca a noi: montiamo sulla palafitta e veniamo letteralmente buttati sulla portantina, che tanto per ricordarlo è quasi a tre metri da terra, ci toccato pure il più grosso. L’ addestratore che ci accompagna non spiccica parola in compenso beve una birra dietro l’ altra (sono le 09.30 ) e sputa roba nera a ogni passo (poi scopriremo che usa masticare e sputare un frutto della giungla che fa diventare la bocca nera). Ondeggiamo a destra e sinistra, il punto di vista è sicuramente atipico, ogni tanto nutriamo l’elefante con frutta e canna da zucchero comprata precedentemente ( il prezzo è irrisorio 20 bath, 50 cent di euro per un sacchetto) e lottare con l’ invadente proboscide è veramente divertente. C’è da dire che l’addestratore a differenza di altri che abbiamo visto in varie occasioni non usa strumenti per manovrare il bestione: uno scappellotto e cambia direzione senza storie, questo ci piace. La parte più bella è sicuramente quando scendiamo lungo un ripido sentiero che porta al fiume, ci sembra di essere esploratori di altri tempi.
Tornati alla base rimontiamo in minibus e veniamo fatti scendere dopo pochi chilometri nei pressi di un villaggio tribale della tribù Karen, la parte visitabile comprende solo tre abitazioni, il fatto di non dare troppo fastidio a questa bellissima gente ci piace. Le abitazioni sono semplici palafitte di bambù, sotto nella parte aperta stanno gli animali e gli attrezzi sopra in un unico ambiente svolgono tutte le attività domestiche. Alcune donne sono intente nella tessitura con un rudimentale telaio, altre allattano i loro bellissimi bambini adagiate sulle amache. L’atmosfera è molto rilassata e comunicando con gesti e sorrisi si fanno fotografare di buon grado. A malincuore dobbiamo ripartire per quello che viene definito con molto impegnativo “trekking”; la passeggiata di una mezzoretta è piacevole tra risaie e ponticelli di bambù.
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Giungiamo cosi alla cascata Maewang: il rombo già tradisce la sua presenza e vista l’umidità tremenda che ti incolla i vestiti addosso, porta allegria nel gruppetto che nemmeno il tempo di arrivare ed è già in costume: tutti pronti per un bel bagno rigenerante.
La pozza è grande e c’è già altra gente a fare il bagno, sulla sponda opposta c’è una baracca di bambù che funge da bar/spogliatoio, un ponte di collega le due sponde rendendo il posto ancora più suggestivo. Purtroppo dopo mezz’ora è tempo di ripartire, la fame comincia a farsi sentire e dobbiamo camminare un’ora e mezza per arrivare dove pranzeremo. Un po’ provati ciondoliamo lentamente nella giungla e poi ancora tra le risaie, frutti tropicali ci circondano da tutte le parti e ancora mi domando perchè in quel momento non ho placato mia la fame assaggiandoli. Ormai tentato dal cannibalismo arriviamo al minibus e poi alla baracca dove avremmo mangiato in allegria con i nostri compagni, esaltando le gioie delle nostre abitudini alimentari. Dopo avergli dato la ricetta del pesto che non abbiamo mai cucinato (!) siamo pronti per ripartire alla volta del “bambù rafting” del quale ovviamente non avevo mai sentito parlare.
Arrivati sul posto veniamo divisi a gruppetti di tre e veniamo portati alle imbarcazioni che nient’altro sono che sei tronchi di bambù legati tra loro. Vediamo il torrente che scorre lento e placido, la nostra idea di rafting è un po’ diversa e rimaniamo un attimo contrariati sul momento, ma vabbé, buttiamoci!
Ogni equipaggio ha un barcaiolo Thai che con un palo di bambù manovra la zattera, il nostro era un gran burlone e si divertiva un sacco a tirare delle specie di noci strappate dai rami al compare dell’altro equipaggio, l’atmosfera si fa allegra, tutti cercano di sabotare la discesa degli altri e un estroverso tedesco addirittura caccia la guida e
comincia a manovrare la zattera da solo… .Noi ci godiamo questa lenta discesa accompagnati dal gorgogliare dell’acqua, cominciamo ad apprezzare la situazione, la discesa è veramente rilassante, la giungla si chiude sopra di noi e ogni tanto incontriamo qualche abitante del luogo preso nelle sue faccende in riva al fiumiciattolo che adesso scorre più veloce. Ad un certo punto la quiete viene interrotta da tre elefanti che sbucano all’improvviso dal bosco nei pressi di un ponte di bambù, tutti veniamo presi da un simpatico panico di essere travolti, una signora intenta nella pesca con il tipico cappello a triangolo sbianca dalla paura che ci travolgano, tutti urlano eccitati dal simpatico contrattempo. Un bestione si ferma proprio al centro del fiume quando dobbiamo passare noi per fare la cacca, non sapevamo se ridere o piangere. Questo è stato sicuramente uno dei momenti più belli di tutto il viaggio, perchè qui nel nord della Thailandia è cosi: tutto è ben organizzato per l’intrattenimento dei turisti, ma la natura è selvaggia e fa un po come le pare. Discese le ultime rapide a piedi con tuffi qua e là (ci spiegano che essendo alla fine della stagione secca la portata del fiume è al minimo), arriviamo alla fine del percorso dove ci scattano una foto che ci rivendono a 120 bath (3 euro), di per sé la foto fa schifo ma la cornice fatta a mano di cartapesta e tessuto è carinissima. Finisce cosi la nostra escursione da Chiang Mai, un’intensa giornata che nonostante non sia stata proprio “wild” dobbiamo ammettere che ci è piaciuta un sacco, se avete un giorno da poter dedicare a questo tipo di attività ne rimarrete soddisfatti; tutte le persone con cui abbiamo interagito sono state gentili e accoglienti e a parte il pilota del minibus che guidava come un pazzo (ma che era comunque una persona deliziosa) l’organizzazione del tour è stata ineccepibile.
Costo Escursione da Chiang Mai : poco meno di 1000 bath
Ciao! Come si chiama la compagnia che ha organizzato il tour?