Sefrou è una cittadina berbera considerata una delle città più antiche del Marocco e conosciuta soprattutto perchè un tempo ha ospitato la più grande comunità ebraica dello stato (oggi vi rimangono solamente due ebrei), di cui oggi rimane traccia nella grande e bella Mellah.
Per arrivarci prendiamo un grand taxi nella Ville Nouvelle (basta chiedere ad un tassista di portarvi ai grand taxi per Sefrou). Non appena l’autista riesce a far salire le sette persone che ha radunato nella vecchia Mercedes partiamo (10 DH a testa).
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In meno di trenta minuti scendiamo in Place Moulay Hassan, a Sefrou e entriamo nella medina dalla porta Bab el-Maquam. La medina è estremamente più piccola di quella di Fes ed è anche più ariosa. Il fiume Oued Aggaï divide infatti in due il centro del paese e ciò fa si che le costruzioni non siano troppo addossate le une alle altre. Una delle prime cose che ci ha colpito di Sefrou è stato proprio il fiume: quando ci siamo affacciati per vederlo, da uno dei ponti che lo attraversano ci siamo resi conto che più che un fiume era una discarica a cielo aperto da cui risaliva nell’aria un odore nauseabondo.
Le case colorate e il mercato rendono vivaci le strade di Sefrou, non ci sono turisti, tranne noi: c’è chi ci dà gentilmente il benvenuto e chi ci guarda in modo ostile e minaccioso. Avevamo letto di stare in guardia e soprattutto nella Mellah di non abbandonare le vie più trafficate, quindi appena un ragazzo ha puntato la nostra reflex ce ne siamo accorti. Oltre a noi se ne è accorta anche una donna vestita con un bellissimo abito celeste che in francese ci ha raccomandato di nascondere la macchina fotografica e di prestare molta attenzione.
Abbiamo seguito il consiglio e ci siamo ributtati nel frequentato mercato, frastornati dall’odore di carne andata a male. Teste di agnello, pesci, spezie, carote bianche e viola, pomodori, galline, vestiti, ceramiche, l’offerta del souq è completa. La visita è stata piacevole, ma il fatto di non sentirci troppo sicuri ha fatto sì che dopo un po’ ce ne tornassimo a Place Moulay Hassan per cercare un grand taxi per Bhalil (7 HD in due). Anche stavolta la Mercedes bianca è vecchissima e stracarica. Ci arrampichiamo faticosamente fino a Bhalil, il cui nome significa la bella di notte. Scendiamo quasi in mezzo ad un piccolo ma affollato mercato, che sembra un po’ anche una fiera con i venditori di pop-corn, i banchi dei vestiti e stuoie con sopra generi alimentari di ogni tipo.Dopo un giro veloce del caotico mercato iniziamo a salire alla ricerca della città vecchia ma subito veniamo agganciati da una guida che per 40 DH si offre di portarci in giro per il paese e di farci vedere casa sua, una tipica abitazione ricavata nella roccia. La particolarità di Bhalil è infatti quella di avere numerose abitazioni trogloditiche, è una Matera in miniatura, una piccola Granada marocchina. A noi le case-grotta piacciono tantissimo. Quindi non potevamo certo lasciarci sfuggire questa chicca africana.
Il paese è grazioso, arroccato sul fianco di una montagna e tagliato in due dal letto secco di un fiume che si riempie solo con le piogge invernali. Anche qua non troviamo turisti, ma la gente sembra più amichevole anche se è sempre bene non puntare l’obiettivo verso nessuno, anche a distanza. Karim, la nostra guida ci fa passare dai lavatoi dove alcune donne stanno facendo il bucato. Nell’aria aleggia la fragranza del sapone. Continuiamo a salire. In giro ci sono poche persone. Le case sono colorate e la roccia viva è cosparsa di porte. Karim ci fa entrare nella sua casa-grotta: attraverso una piccola cucina ci conduce nella sala-camera che ha come parete la roccia. Siamo in una vera e propria abitazione tipica ancora oggi usata quotidianamente. Karim ci porta poi un delizioso tè marocchino, in una splendida teiera e ci fa assaggiare l’olio appena franto dalle sue olive. Non c’è che dire l’olio era squisito, parola di due toscani!
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Una volta usciti, proseguiamo il giro per il paese e incontriamo un gruppetto di donne sedute all’ombra intente a produrre i bottoni per la djellaba, la tipica veste marocchina. Ce ne donano due dorati, bellissimi. Infine visitiamo un forno in funzione dove le donne portano a cuocere il pane fatto in casa. Invece di tornarcene direttamente a Sefrou decidiamo di farci guidare da Karim lungo il sentiero per Sefrou che attraversa la campagna e che è utilizzato da tantissimi pendolari. La terra è rossa e man mano che ci allontaniamo le case diventano sempre più rade e gli uliveti più frequenti. Alcuni bambini tornano a casa dopo la scuola camminando sulla strada polverosa, i più intrepidi trovano il coraggio di urlarci “Boujour!”, quando rispondiamo sghignazzano imbarazzati ma felici e allora se ne fanno avanti altri che visto il successo dei loro amici hanno trovato il coraggio necessario. Alla fine tutti tornano alle loro case e noi proseguiamo la passeggiata. La vegetazione diventa brulla, sembra di essere in Sardegna, poi d’un tratto vediamo comparire Sefrou di fronte a noi. Ci fermiamo a sedere su un masso di fronte alla città e ad un paio di case, dispiaciuti che questa bella passeggiata sia già giunta al termine. Poi torniamo a Sefrou. Karim ci trova un grand taxi per Fes. Partiamo salutandolo. Bhalil ci ha dato modo di vedere uno spaccato vi vita quotidiana e di respirare l’aria di paese. Le viuzze e le abitazioni ci hanno stregato così come i suoi colori tenui e la sua genuinità. è stata una bella esperienza che ci ha permesso di conoscere meglio il Marocco.
Sefrou e Bhalil
TEMPO – Per visitare Sefrou e Bhalil è sufficiente una mezza giornata. Vi consigliamo vivamente di fare il percorso a piedi che unisce Sefrou e Bhalil (in questo caso dovrete calcolare un poco di più di mezza giornata), magari anche nel verso opposto a come lo abbiamo fatto noi. Tenete presente che è possibile tornare direttamente a Fes da Bhalil per circa 12 DH. A Bhalil c’è anche qualche struttura ricettiva che può ospitarvi in caso siate interessati a pernottarvi.
Se decidete di andare a Sefrou vi conviene lasciare a Fes la macchina fotografica e fare le foto con il cellulare, che da meno nell’occhio.