Visegrad raccontata da Ivo Andric

Se andate a fare un viaggio in Bosnia-Erzegovina, non potete fare a meno di leggere “Il ponte sulla Drina” del premio nobel Ivo Andric. Io adoro leggere libri di narrativa che siano ambientati nel posto dove sto viaggiando e raccontarli al mio compagno di viaggio, credo sia un modo per assaporare più profondamente la cultura di un paese, per capirne meglio la storia e le usanze.

Quando andammo in Bosnia presi in prestito dalla biblioteca una consunta edizione dalla copertina verde de “Il ponte sulla Drina”, la infilai nella borsa e sul vecchio traghetto della Blue Line, che sembrava una Love boat mai risistemata, ne iniziai la lettura.

Più lo leggevo più mi era chiaro che non avrei rinunciato a fermarmi nella città di Visegrad, dove appunto sorge il famoso ponte, di cui Ivo Andric racconta la storia fin dalla sua costruzione, sottolineando le sofferenze e le crudeltà cui furono sottoposti gli operai che vi lavorarono. Andric attraverso al storia del ponte racconta la storia della Bosnia.il Ponte sulla Drina, VisegradPer arrivare a Visegrad in automobile attraversammo innumerevoli volte la frontiera tra il Montenegro, la Bosnia e la Serbia, seguendo una strada che soprattutto nel tratto montenegrino era molto pericolosa, non tanto per le sue condizioni, quanto per la guida dei locali che spericolatamente sfidano la sorte ad ogni curva e che spesso ne pagano le conseguenze.

Dopo qualche chilometro e dopo aver incontrato qualche incidente abbiamo capito il perchè di tutti quei numeri di telefono scritti con le bombolette spray sui muri o sulle rocce che costeggiano la strada: sono i numeri di telefono dei carratrezzi. Per un attimo ci sfiora la possibilità di mollare tutto e trasferirci in Montenegro, con un carro attrezzi non rimarremmo mai senza lavoro.

Alla fine arriviamo a Visegrad: parcheggiamo. La città è piccola e non presenta nessuna attrattiva a parte il ponte. Non riusciamo a trovare neppure un bancomat, siamo costretti ad entrare in una banca ed effettuare il prelievo allo sportello, dopo aver compilato numerosi fogli. Finalmente arriviamo sul ponte. È lungo, massiccio, imponente e bello. Le arcate in pietra si specchiano sul placido fiume. Non ci sono turisti seppure sia stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità. Camminiamo sul suo selciato, lì dove venivano impalati i cristiani che non volevano convertirsi, lì dove fece gli ultimi passi Fatima prima di gettarsi dal ponte per opporsi al matrimonio cui sarebbe stata costretta. A metà vediamo la Kapia, il divano, dove si sedevano gli anziani a parlare e dove era stato improvvisato una specie di piccolo caffè. il Ponte sulla Drina, VisegradCi sediamo anche noi a contemplare lo scorrere del fiume. Il frastuono dell’acqua ci avvolge completamente. Arriviamo in fondo, facciamo un breve giro e poi lo riattraversiamo. Tutte le sofferenze, tutte le crudeltà e le atrocità che furono perpetrate per la costruzione di questo ponte sulla Drina sembrano quasi frutto della fervida fantasia del poeta bosniaco: come è possibile che un ponte quasi dimenticato abbia potuto causare tutto questo? Quando ce ne andiamo mi volto indietro: è come lasciare un posto che si conosce molto bene, sapendo che probabilmente non sarà più possibile tornarvi. Grazie a Ivo Andric infatti ho assistito alla costruzione del ponte, a quella del caravanserraglio, alle storie degli abitanti di quella Visegrad ormai scomparsa, e la sento un po’ come se fosse anche mia.

Visegrad raccontata da Ivo Andric

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