La maggior parte degli edifici porta ancora su di se le cicatrici del conflitto: mura con fori di proiettili, pareti con buchi causati da bombardamenti rattoppati con mattoni non intonacati, spazi inspiegabilmente vuoti a segnalare che qualcosa è stato completamente spazzato via.
Nei parchi della città il verde del prato all’inglese è interrotto a intervalli regolari dalle lapidi bianche che si ergono verso il cielo, in una distesa di nomi e date a perdita d’occhio. La costernazione e il senso di impotenza aleggiano sulla città come aquile, ma anche la voglia di ricominciare, simboleggiata dal risplendere delle rose di Sarajevo, macchie rosse che riempiono le buche fatte dai mortai sull’asfalto, e dalla costante gentilezza e simpatia dei bosniaci.
Il cuore di Sarajevo è la piazza dei piccioni intorno a cui si estende la città turca con le basse case ottomane in legno che si alternano ai caseggiati brutti e banali, i cafè sempre molto frequentati, le moschee con i loro minareti che svettano sulle altre costruzioni e i negozi che vendono qualsiasi tipo di oggetto ricavato con vari residuati bellici. Poi mano mano che ci si allontana dal centro palazzi decadenti e vecchi convivono fianco a fianco con grattacieli nuovi e moderni.
La città è divisa in due dal piccolo fiume Miljacka attraversato da numerosi ponticelli, su uno di essi, il ponte Latino, si verificò uno dei fatti che cambiò la storia del mondo per sempre: l’assassinio dell’arciduca Francesco I d’Asburgo, che diede il via alla Grande Guerra. Nei pressi del ponte c’è l’edificio della Biblioteca Nazionale emblema della guerra fratricida tra i serbi e i bosniaci e che fu incendiata proprio dai bombardamenti di quel conflitto. Quando passammo sotto la Biblioteca c’erano sempre le impalcature, ora dopo 4 anni dalla nostra visita sappiamo che il restauro è terminato e che la Biblioteca è tornata finalmente a disposizione dei cittadini e degli studiosi grazie alla collaborazione internazionale.
Il nostro hotel (Hotel Italia), che era in via di ristrutturazione (metà edificio portava infatti ancora i pesanti segni dei bombardamenti) era un po’ fuori mano, abbiamo così avuto modo di passeggiare quotidianamente (vi abbiamo già parlato della nostra leggendaria tirchiaggine) fuori dal centro e di esplorare anche zone meno conosciute della città, tra cui la tristemente nota “via dei cecchini”.
Molto emozionanti e significativi per la comprensione del conflitto e della capitale sono il Museo di Storia, nei pressi del quale si trova l’originale Tito Cafè, e il Museo del Tunnel, allestito proprio in un tratto del tunnel che durante l’assedio era l’unico modo per far entrare e uscire qualcosa dalla città. Vi consigliamo anche di arrampicarvi fino al bastione giallo e di aspettare il tramonto. Quando tutti i muezzin cominceranno il richiamo alla preghiera capirete come mai lo consideriamo un appuntamento imperdibile.
Sarajevo
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